I blocchi atmosferici, ecco perché a volte il tempo si inceppa

La circolazione generale dell’atmosfera altro non è se non la rappresentazione più alta e magnifica della perfezione della Natura. La diversa esposizione delle guance del mondo ai raggi solari causa una diversa distribuzione dell’energia assorbita e ritrasmessa all’oceano d’aria che ci circonda e che si chiama atmosfera. Da qui le differenze di temperatura tra equatore e poli. Proprio da qui a sua volta la Natura parte per ristabilire l’equilibrio perso.

Diciamolo subito, è una battaglia persa in partenza, visto e considerato che, a causa della rotazione terrestre, quell’equilibrio non verrà mai raggiunto. Ma anche questo fa parte di quel grande progetto chiamato Pianeta Terra, progetto che ha permesso la nascita e lo sviluppo della vita, unico esempio nel nostro Sistema Solare.

La caratteristica climatica delle nostre latitudini in seno a questo meccanismo di ripristino degli equilibri termodinamici, vede prevalere una fascia di correnti che ruotano intorno al globo da ovest verso est: sono le correnti occidentali, le westerlies. La rotazione terrestre influisce su questi lunghi nastri di aria, i quali scorrendo impattano contro catene montuose, attraversano spazi occupati alternativamente da terre emerse e da oceani sconfinati. Il risultato finale è che queste correnti iniziano ad ondulare trasportando aria calda verso nord e aria fredda verso sud. Da qui nascono le onde atmosferiche di grande ampiezza altresì note con il nome di onde planetarie e, se rispondenti a determinati parametri matematici, anche atmosferiche di Rossby.

Ebbene, come qualsiasi altra onda, anche queste possono assumere notevoli ampiezze e pertanto stirarsi lungo i meridiani esasperando gli scambi termici nord-sud fino a rompersi, esattamente come accade per i cavalloni nel mare. Se l’ampiezza dell’onda raggiunge e supera determinati valori ecco che queste onde tendono a stabilizzarsi raggiungendo un equilibrio gravitazionale che le fa divenire quasi permanenti. In sostanza la circolazione atmosferica entro queste onde rallenta fino a bloccarsi. Stop, l’atmosfera si ferma. Il tempo si inceppa.

Questo blocco può durare da qualche giorno a diverse settimane e riesce a determinare talvolta pericolose situazioni meteorologiche nell’uno o nell’altro senso, a seconda di quale parte del blocco ci coinvolga. Il classico blocco anticiclonico a “omega”, così detto per la sua caratteristica forma che ricorda la lettera greca, può recare lunghi periodi siccitosi e con temperature superiori alla norma, mentre le controfigure cicloniche che stringono ai lati la nostra alta pressione apportano lunghe e persistenti fasi di maltempo foriere, in determinati frangenti, anche di eventi di tipo alluvionale.

Lungo l’emisfero esistono due zone dove i blocchi risultano più frequenti: la longitudine di circa 0° (meridiano di Greenwich) e la longitudine di 180°, esattamente dalla parte opposta dell’emisfero. Da qui l’individuazione delle rispettive onde anticicloniche note rispettivamente come wave 1 (alta delle Aleutine) e wave 2 (alta delle Azzorre). Qualora nella stagione invernale entrambe le onde crescano lungo i meridiani per immissione di energia da parte delle basse latitudini, possono verificarsi destabilizzazioni anche vistose a carico della circolazione circumpolare, con ritorno di aria polare verso le medie latitudini. Nascono proprio da questo meccanismo le ondate di freddo e neve tipiche dell’inverno.

Luca Angelini

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