La “costante solare” convenzionalmente misura il flusso di energia solare (in watt su metro quadro) che arriva sul nostro pianeta, attraversando una superficie perpendicolare ai raggi solari, ma senza gli effetti di assorbimento e di diffusione dell’atmosfera terrestre, quindi al di sopra dell’atmosfera terrestre. Il clima globale della nostra Terra dipende dalla “costante solare”, ma dipende anche dall‘effetto serra naturale dell’atmosfera terrestre, effetto serra che a sua volta deriva dai gas serra in essa contenuti.
La costante solare, misurata recentemente dalla strumentazione satellitaria al di fuori dell’atmosfera, è pari a: 1.367 watt/mq. Ma la “costante solare”, in realtà, non è una costante. A parte le piccole oscillazioni annuali e le fasi undecennali dell’attività solare, la “costante solare” ha un andamento di lungo periodo.
A partire da 420 milioni di anni fa e fino ad oggi, la costante solare è aumentata di circa 50 watt/mq a causa dell’aumento dell’attività termonucleare all’interno del Sole. Questo aumento significa anche un aumento di circa 9 watt/mq del “forcing radiativo” terrestre, cioè un’aggiunta di circa 9 watt/mq all’effetto serra naturale terrestre.
Con tale aumento della “costante solare” il nostro Pianeta avrebbe dovuto riscaldarsi rispetto a qualche centinaio di milioni di anni fa, quando le temperature erano già molto più alte di quelle attuali e non esistevano le aree polari, né tanto meno ghiacci o ghiacciai: un pianeta rovente, praticamente invivibile per gli umani. Invece, nonostante l’aumento della “costante solare”, è successo esattamente il contrario. Il nostro pianeta si è raffreddato. Perché?
Perché la concentrazione atmosferica dei gas serra, ma in particolare dell’anidride carbonica, è diminuita nell’arco di 350 milioni di anni di oltre 10 volte: passando da livelli attorno a 3.000 ppm a livelli inferiori a 300 ppm, a causa del continuo assorbimento, per fotosintesi clorofilliana, da parte delle grandi foreste in espansione, foreste che, nei loro cicli vitali nel corso di milioni di anni, hanno lentamente immagazzinato nel suolo e nel sottosuolo, sotto forma di materia organica, l’anidride carbonica atmosferica. Questa materia organica, così immagazzinata, diventerà, poi, in centinaia di milioni di anni: carbone, petrolio e metano.
Dopo l’ultima fase molto calda avvenuta nell’Eocene: circa 50 milioni di anni fa, le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica sono ulteriormente diminuite fino a livelli che già 20 milioni di anni fa erano prossimi a 300 ppm, portando, nello stesso tempo il nostro pianeta a raffreddarsi fino ai livelli delle fasi glaciali ed interglaciali recenti.
Negli ultimi 800 mila anni, come ci dimostrano le ricerche paleoclimatiche in Antartide, le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica si sono mantenute SEMPRE inferiori a 300 ppm. I massimi valori, compresi tra 280 e 300 ppm, sono stati raggiunti soltanto nei periodi interglaciali, l’ultimo dei quali è quello che stiamo ora vivendo.
Di conseguenza, l’ulteriore surriscaldamento climatico, come effetto dell’aumento della “costante solare”, che si sarebbe dovuto verificare nel corso degli ultimi 420 milioni di anni, non solo è stato annullato, ma è stato addirittura invertito dalla drastica riduzione dell’anidride carbonica atmosferica, tanto che le temperature sulla Terra nell’ultima decina di milioni di anni sono state molto, ma molto minori, di quelle molto roventi di 420 milioni di anni fa o, comunque, di quelle di centinaia di milioni di anni fa.
Ebbene, negli ultimi due secoli circa, ma soprattutto nei decenni più recenti, l’essere umano con le sue attività inquinanti, è riuscito ad invertire un processo naturale che durava da 420 milioni di anni. Ha estratto l’anidride carbonica seppellita nel sottosuolo sotto forma di carbone, petrolio e metano e l’ha rimessa in circolo in atmosfera, facendone aumentare rapidamente la concentrazione atmosferica fino ai livelli mai riscontrati negli ultimi 20 milioni di anni.
Infatti, le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica, in soli due secoli (cioè in un attimo nella scala dei tempi geologici), sono passate da 280 ppm ad oltre 400 ppm, un aumento di circa il 44%, di cui buona parte (il 14%) è avvenuto solo negli ultimi decenni. Negli ultimi 25 anni, in particolare, siamo passati da 365 ppm del 1992 a 405 ppm di febbraio del 2017 sino ad arrivare a ben 420 ppm attuali (dati marzo 2021).
I livelli attuali di anidride carbonica atmosferica sono approssimativamente quelli che c’erano 20 milioni di anni fa, ma il ritmo di crescita è tale che, se non faremo nulla per bloccarlo, arriveremo nei prossimi due secoli circa ai livelli che vi erano nel Triassico (cioè 200-250 milioni di anni fa), quando il nostro Pianeta era torrido e infuocato, e non abitato da alcun essere umano. L’Homo Erectus, che rappresenta la prima fase evolutiva dell’essere umano, è comparso su questo pianeta solo alcuni milioni di anni fa, mentre l’Homo Sapiens, che rappresenta l’attuale umanità, è comparso soltanto centomila anni fa.
Nessun problema per il pianeta Terra se, nella scala geologica dei tempi, tornerà improvvisamente al triassico. Il problema è il nostro, cioè del “homo sapiens” che deve evitare di evolvere in “homo insipiens et stultus”, perché questa fase di evoluzione porta dritti-dritti all’estinzione dell’essere umano.
Lo studio completo è disponibile a questo indirizzo (in lingua inglese): http://www.nature.com/articles/ncomms14845
Prof. Vincenzo Ferrara