A volte l’inverno parte in tournée con i suoi gelidi progetti e vaga da una parte all’altra dell’emisfero facendo rimbalzare con insistenza la sua penna bianca e il suo alito di ghiaccio su alcune zone, ma nello stesso tempo dimenticandosene altre. Quest’anno molti sono rimasti a bocca asciutta, anche se certamente i grandi ignorati siamo stati noi Europei e ancor più, sopra a tutti, noi Italiani.
Ecco che, con l’inizio della primavera meteorologica, coincidente con l’inizio di marzo, i primi tepori elargiti da un sole che si alza sull’orizzonte (e sull’equatore), lavorati dalle tormentate differenze termiche delle acque superficiali dei nostri oceani, iniziano ad essere spinti verso nord, andando ad occupare il posto del grande lago gelido steso inerte sul Circolo Polare il quale è costretto a mettersi in moto verso altre latitudini. Viaggio “alpitour”? Non proprio.
Dobbiamo ricordare infatti che la neve a marzo in passato non era un evento così eccezionale in Italia. Oltre all’esempio estremo di Roma del 1971, si ricordino le frequenti nevicate occorse lungo il versante adriatico, a tratti fino alle coste, da Rimini a Pescara e giù giù fino a Foggia e Bari. A Milano si possono citare gli esempi del 1986, con accumulo di 8 centimetri, del 1995, 1998, 2001, 2004 e non ultimo, la bella nevicata del 3 marzo 2005. Varese nel 1976 vantò addirittura ben 6 giorni di neve con accumulo totale di 27 centimetri (fonte Centro Geofisico Prealpino), senza parlare delle bufere di neve su Genova.
In quel lontano marzo del 1971, quando l’Italia sprofondò in una fase di gelo da far impallidire anche il super blasonato febbraio del 1956, certo erano altri tempi e il clima stesso partiva da un gradino diverso. Eppure nessuno parlò di “evento estremo”, fatto sta che il primo mese della primavera seppe dare una vera lezione di inverno facendoci intendere che le sue potenzialità sono davvero notevoli. E non è detto che prima o poi non possa ripetersi.
Luca Angelini
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