Ghiacci artici ai massimi stagionali con 1 milione di kmq in meno del normale

Dopo essere cresciuto durante l’autunno e l’inverno, il ghiaccio marino artico ha raggiunto lo scorso 6 marzo la sua massima estensione annuale.

L’estensione del ghiaccio marino artico ha raggiunto il picco di 14,62 milioni di chilometri quadrati, un’area totale che è di circa 1,03 milioni di chilometri quadrati al di sotto del valore medio del periodo riferito alla media statistica 1981-2010. Secondo il National Snow and Ice Data Center, in via statistica, si tratta del quinto valore più basso dall’inizio delle rilevazioni. Rispetto a questa media, nell’Oceano Artico manca una superficie glaciale pari all’estensione del Texas e dell’Arizona messi insieme.

Dall’inizio delle registrazioni satellitari nel 1979, i dieci massimi di estensione annuali più bassi si sono tutti verificati dal 2006 in avanti. Secondo Angela Bliss, una scienziata del ghiaccio marino presso il Goddard Space Flight Center della NASA, ciò è in parte dovuto al fatto che la stagione di ablazione estiva si è allungata rispetto al passato. Una stagione di fusione più lunga riduce l’effetto albedo e consente all’oceano di assorbire più luce solare, il che aggiunge calore all’oceano e riduce ulteriormente la crescita del ghiaccio durante l’autunno e l’inverno successivi.

Ora che il massimo annuale del 2023 è stato raggiunto, secondo Bliss, che studia i cicli stagionali del ghiaccio marino artico, le condizioni meteorologiche controlleranno in gran parte il modo in cui il ghiaccio si solleva e si disperde nell’oceano durante la primavera e l’estate. Resta da vedere quanto velocemente la banchisa raggiungerà la sua estensione minima, che di solito cade intorno a metà settembre. Ma anche le tendenze a lungo termine per questa metrica del ghiaccio marino puntano verso il basso: gli ultimi 16 anni (dal 2007 al 2022) hanno visto le 16 estensioni minime più basse.

“I minimi stagionali bassi (settembre) sono in genere visti come più importanti dei massimi stagionali bassi (marzo) perché i minimi sono direttamente legati alla quantità di ghiaccio pluriennale sopravvissuta in un dato anno nell’Artico”, ha affermato Nathan Kurtz, uno scienziato del ghiaccio marino che guida il Cryospheric Sciences Laboratory presso Godard della NASA. “La tendenza a lungo termine verso minimi più bassi significa una perdita complessiva di ghiaccio pluriennale, che ha impatti significativi sul clima”.

Fonte dati: NASA- elaborazione Earth Observatory e NSIDC National Snow and Ice Data Center

Report Luca Angelini