Da quel 26 aprile del 1986 il termine Černobyl è divenuto sinonimo di disastro nucleare. Una vita davvero difficile e anche un po’ sfortunata quella della tristemente nota centrale nucleare posta in territorio ucraino tra le città di Černobyl e di Pryp’jat. Costruita negli anni settanta, ha subito diversi incidenti: dei quattro reattori che si sono avvicendati in servizio per la produzione di oltre 3.500 megaWatt di potenza, ben tre hanno subito sinistri con più o meno gravi conseguenze.
L’incidente più grave è quello tristemente noto e del quale oggi, 26 aprile, ricorre il trentesimo anniversario, avvenne durante una esercitazione notturna agli impianti di sicurezza della centrale nucleare, che si trasformò in tragedia per la fusione accidentale del nocciolo e l’esplosione del “reattore n.4“, con il collasso dell’intera struttura che lo proteggeva.
Si sprigionò subito una nube tossica carica di particelle radioattive della concentrazione cinquecento volte più pericolosa di quella prodotta delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. I venti sparsero le particelle nell’atmosfera contaminando intere regioni di Ucraina, Bielorussia e Russia. Proprio in quei giorni poi, le correnti a scala sinottica si disposero da quadranti nord-orientali e la nube raggiunse in questo modo gran parte dell‘Europa occidentale (Italia compresa), contaminata anch’essa (seppure in misura decisamente minore).
Nella Russia di quei tempi, nonostante il coinvolgimento diretto della rispettiva popolazione, le autorità cercarono di nascondere l’accaduto, ma dopo alcuni giorni la verità emerse in tutta la sua drammaticità. Fu un evento di grado 7, il più grave mai avvenuto. Viene mobilitato l’esercito, gli abitanti delle città vengono caricati su autobus e camion ed evacuati in massa, mentre squadre di migliaia di operai e tecnici, vengono inviate per i primi disperati interventi di contenimento della fuga radioattiva.
Il video che ho allegato qui sotto è un documento storico di quel tempo, di quei momenti drammatici. Intanto nelle viscere del sarcofago del reattore, la prima struttura contenitiva costruita attorno ai resti del reattore intanto, il nocciolo fuso contiene ancora isotopi radioattivi il cui tempo di decadimento è dell’ordine di qualche millennio.
Ufficialmente si parla di 4.000 casi di cancro alla tiroide tra Bielorussia, Ucraina e Russia, per l’esposizione nel solo periodo 1992-2002, ma le cifre delle associazioni indipendenti sono 10 volte superiori. I più colpiti sono i bambini e i ragazzi sotto i 14 anni di età, perché assorbono grandi quantità di radiazioni attraverso il latte. A tutt’oggi, nell’area considerata ufficialmente contaminata, vivono ancora 5 milioni di persone fra le quali si registra un’alta diffusione di patologie dermatologiche, respiratorie, infertilità e malformazioni.
Negli anni successivi è stato costruito un secondo sarcofago di acciaio ma là sotto la fusione continua e Cernobyl rimarrà una minaccia silenziosa per millenni.
Report Luca Angelini
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