
Monologo delle alte pressioni subtropicali alle medie latitudini, spartito appena da brevi ma devastanti break alluvionali: prima l’eccezione, oggi la regola. Se dovessimo fare un identikit delle conseguenze portate dai cambiamenti climatici in atto, questa è una delle prove più evidenti e tangibili, ancor più dell’aumento delle temperature.
Prendiamo ad esempio quello che accade durante gli ultimi inverni (figura in basso): la linea tratteggiata numero “1” rappresenta il limite al quale, secondo la climatologia 1981-2010, dovrebbero fermarsi le figure di alta pressione tra ottobre e aprile nell’emisfero nord; il tratteggio numero “2” indica invece il limite effettivo al quale le stesse figure si sono spinte. E’ immediato individuare una vistosa estensione della cintura anticiclonica verso nord. Per avere un’idea, questo limite si è spostato dalla latitudine di Tripoli (Libia) a quella di Oslo (Norvegia del sud). Da notare in dettaglio anche il massimo di anomalia positiva sull’Europa occidentale, che spiega la pressoché totale assenza dell’inverno anche sull’Italia.
Lo stesso però sta accadendo nell’emisfero australe: la linea tratteggiata numero “3” indica il limite medio della fascia anticiclonica durante l’estate australe secondo la climatologia, il tratteggio numero “4” il limite effettivo raggiunto dalle alte pressioni negli scorsi mesi (molto più a sud della norma). Per avere un’idea, il limite si è spostato dalla latitudine di Buenos Aires (Argentina), alle Isole Shetland (Penisola Antartica). In queste condizioni salta la normale variabilità meteorologica e climatica delle medie latitudini che finisce per interessare aree sempre più prossime ai Poli (a spese delle fasce climatiche glaciali). Dal canto suo, la fascia climatica temperata (la nostra…) viene pian piano erosa e sostituita da quella calda e arida delle aree subtropicali in espansione. E l’Italia, in questo drammatico processo di cambiamento, è proprio li, in prima fila…
Luca Angelini
