Durante l’estate gli incendi boschivi rappresentano una concreta e grave minaccia per abitazioni e infrastrutture, causano danni economici ingenti e, purtroppo, anche perdita di vite umane. Seppure la maggior parte degli incendi sia dovuta a cause umane, accidentali o volontarie, l’estensione dell’incendio – in particolare delle aree bruciate – dipende in modo significativo dalle condizioni meteo-climatiche e dalle caratteristiche del “combustibile”. Giocano un ruolo fondamentale in particolare il grado di umidità e l’abbondanza del materiale combustibile a disposizione.
Gli studi condotti negli scorsi anni hanno permesso di sviluppare una serie di modelli empirici che legano l’area bruciata dagli incendi alle caratteristiche della precipitazione e della temperatura nei mesi e negli anni precedenti l’incendio. I modelli sono stati validati sui dati disponibili in Europa mediterranea e in molte altre aree del Pianeta, utili per la stima dell’area bruciata attesa a livello globale. Lo spiega Antonello Provenzale, direttore del Cnr-Igg (Istituto di geoscienze e georisorse del Consiglio nazionale delle ricerche) che ha patrocinato un importante studio a riguardo. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica “Nature Communication”.
In pratica l’approccio combina l’utilizzo dei grandi database internazionali dei roghi in affianco alle proiezioni stagionali elaborate dai vari Centri di Calcolo, allo scopo di migliorare la stima dell’importante impatto esercitato sugli incendi dalla variabilità climatica. Dal confronto è emerso che per ampie regioni del pianeta si riesce a migliorare significativamente la predicibilità a scala stagionale delle aree a potenziale rischio d’incendio, con tutti i benefici del caso, anche dal punto di vista della prevenzione e della sicurezza pubblica.
Report Luca Angelini