Frugando nei cassetti dei ricordi, spesso andiamo a scovare quegli eventi estremi che negli inverni del passato hanno scritto pagine di storia, con freddo record, gelo ma anche nevicate particolarmente abbondanti e/o estese. Ma in passato non sono mancati anche inverni estremi nell’altro senso, caratterizzati da temperature particolarmente miti e interminabili settimane di siccità e inquinamento.
Prendiamo ad esempio quel che successe a partire dal mese di novembre del 1989, quando si attendeva la discesa di una massa d’aria fredda dal Polo, con l’alta pressione a fare da spalla ad ovest, come nelle più propizie circostanze che certo non lesinavano sui particolari negli inverni anni Ottanta. Qualcosa però andò storto, così l’aria fredda prese un’altra strada lasciando campo libero ad una figura di alta pressione davvero impressionante.
Il nulla, con tutto l’inverno intorno prese forma, la forma di un anticiclone vastissimo che si coricò lungo i paralleli negando per diverse settimane di fila qualsiasi tentativo da parte delle correnti perturbate di far breccia sul cuore del continente e sul Mediterraneo.
Trascorsi oltre 20 giorni di completo dominio anticiclonico, tra gli appassionati e gli addetti ai lavori iniziarono a serpeggiare frasi del tipo “prima o poi cambierà”…”deve cambiare necessariamente”…”non può durare sempre così”. E chi l’ha detto? Ora con il senno (e il clima) di poi tutti sappiamo che i regimi di persistenza possono abbracciare anche intere stagioni, ma allora si sperava almeno in un cambiamento per Natale, che non avvenne.
Arrivò il mese di gennaio e anch’esso scivolò via senza precipitazione alcuna, senza un decente rimescolamento dell’aria. Il mostro anticiclonico di tanto in tanto sembrava poter cedere, ma alla fine ritornava più forte di prima. Proprio la qualità dell’aria si fece pessima, mentre la siccità un problema assodato. Sulle pianure tanta tanta nebbia ad inquinare ancora di più “l’inquinabile”. Vennero ratificate proprio quell’anno le prime severe norme antinquinamento con il passaggio ad esempio delle marmitte catalitiche..
All’inizio di febbraio una perturbazione dall’Atlantico riuscì ad eludere il muro anticiclonico portando qualche pioggia qua e là (di neve non se ne parlava nemmeno, se non in alta montagna). L’aria si ripulì temporaneamente e la nebbia lasciò spazio a cieli più limpidi. Fu però solo un fuoco di paglia. Esaurita questo modesto intermezzo atlantico, tutto si richiuse ed il resto del mese trascorse nuovamente sotto l’egemonia di un vasto anticiclone. A Torino e Pescara le temperature massime superarono i 25°C a causa di un effetto favonico davvero potente. Il 22 febbraio Genova raggiunse i 23°C, una sorta di record storico per il capoluogo ligure nel mese di febbraio.
E marzo? Beh, non ci crederete, ma anche il primo mese della primavera, notoriamente alquanto dinamico, trascorse in compagnia dell’alta pressione, appena disturbata ad inizio mese da correnti più fredde ma sterili da nord-ovest. Cento giorni. Quando ne uscimmo? La pioggia, quella vera, arrivò al centro-nord solo nel mese di aprile, mentre il sud dovette ancora aspettare.
Luca Angelini
L’anticiclone dei cento giorni
