Le previsioni meteo dai tempi di Bernacca ad oggi: perché il progresso viene percepito come un passo indietro?

Bernacca ci azzeccava di più” (cit)… Una tipica esclamazione del fruitore medio delle previsioni meteo al giorno d’oggi. A parte la bruttissima locuzione “ci azzeccava“, come se il meteorologo (Bernacca fu pioniere della divulgazione meteo in TV negli Anni Settanta) non fosse considerato alla stregua di uno scienziato ma di uno stregone; a parte il trascorrere degli anni che ha fatto dimenticare quanto fossero anche allora banalizzati e criticati i meteorologi (Bernacca ma anche il suo successore Baroni). Dunque cosa hanno insegnato 40 anni di meteo alla gente? Perché mai si ha l’impressione che i meteorologi di 30-40 anni fa fornissero previsioni più corrette di oggi? La riposta nel tipico uovo di Colombo: oggi le canoniche previsioni non bastano più: oggi si pretendono particolari impossibili, dettagli esasperati, scadenze lunghissime e via dicendo. E’ ovvio (ma a quanto pare neanche troppo…) che più si cerca di conoscere nel dettaglio spazio-temporale l’evoluzione del tempo, più aumenta la probabilità che la previsione diventi imprecisa e che questa imprecisione si trasformi in un vero e proprio errore di analisi, anche grossolano.

Ce lo spiega bene il Prof. Andrea Corigliano, Fisico dell’Atmosfera, Meteorologo e divulgatore meteo di prim’ordine, cui lasciamo volentieri la parola: “Più si scende in dettagli spazio-temporali che vanno oltre le capacità di calcolo dei modelli di simulazione, più aumenta la probabilità di cadere nell’errore. È una legge a cui non si sottrae alcuna previsione meteorologica, specie quando si vogliono conoscere per filo e per segno certi particolari anche con diversi giorni in anticipo, come per esempio la quota di una nevicata, i millimetri di pioggia che cadranno sul giardino di casa o la temperatura in un’ora stabilita di una giornata estremamente instabile. Le possibilità di conoscere questi dettagli, che oggi sono molto richiesti e che proprio per questo vengono azzardatamente resi pubblici (anche per mezzo dell’abuso delle APP) ha minato la credibilità della scienza del tempo a tal punto che una buona parte dell’utenza ritiene la meteorologia di oggi peggiorata rispetto a quella di qualche decennio fa, quando l’informazione era divulgata dai grandi maestri che hanno avuto il grande merito di aver fatto conoscere la dinamica dell’atmosfera agli italiani grazie alla televisione.

Ci troviamo in pratica in una situazione paradossale perché, per quanto sia oggi migliorata l’attendibilità delle previsioni, anche a medio termine – basti pensare per esempio alla tecnica probabilistica “di ensemble” (di insieme) che è stata sviluppata dai primi Anni Novanta – cercando il dettaglio sempre più spinto finiamo alla fine per lasciar intendere di essere tornati indietro perché superiamo quel limite oltre il quale l’approccio scientifico alla previsione del tempo diventa sempre più traballante. I particolari di una previsione del tempo sono la ricerca continua di una linea di frontiera che divide tra loro due spazi: quello in cui cadono le affermazioni che possono essere divulgate perché poggiano su basi scientifiche sufficientemente solide e quello in cui cadono le affermazioni che si allontanano sempre di più da quella linea nel verso opposto e che nascono come frutto della fantasia di chi le elabora e poi le diffonde.

La meteorologia di qualche decennio fa è quindi forse percepita da molti come più affidabile perché, per quanto ancora acerba rispetto a quella dei nostri giorni, rispettava questi limiti e chi ne parlava sapeva che andare oltre questi confini significava camminare su un vero e proprio campo minato. Bernacca prevedeva il tempo andando per macro-aree (nord, centro-sud, Isole). Oggi si pretende di sapere se ad una certa ora pioverà sul quartiere di una città. A quei tempi ci si accontentava allora di sapere che sarebbe nevicato fino a quote collinari e non fino a 350 metri, piuttosto che a 475 e nessuno si sarebbe permesso di chiedere – anche perché non lo avrebbe mai pensato – la previsione di una nevicata nel proprio paese a 335 metri sul livello del mare. La previsione si portava quindi dietro anche il fascino dell’effetto sorpresa che è un po’ il motore che spinge a seguire più da vicino le dinamiche meteorologiche.

Cosa intendo dire con questo discorso? Semplicemente che il progresso e la conoscenza scientifica in ambito meteorologico vengono intesi in maniera errata: in 40 anni abbiamo guadagnato 2 giorni di validità nei bollettini (da 1 a 3 giorni totali). I procedimenti fisico-matematici che stanno alla base delle previsioni meteo infatti hanno margini di miglioramento limitati per quanto riguarda l’estensione temporale (previsioni a 15 giorni hanno valenza zero esattamente come 40 anni fa); ne hanno invece molti di più nel limitare gli errori nel breve e medio termine (5-7 giorni). Il progresso non deve quindi essere utilizzato per azzerare i passi avanti compiuti in tutti questi anni e lasciar credere che poi alla fine che non è cambiato nulla e che allora era meglio di adesso, perché non è vero”. E da oggi sapete anche perché.

Riferimenti: pagina di Andrea Corigliano

Andrea Corigliano e Luca Angelini