
Introduzione
Anzitutto una premessa: lo studio che ha accertato e dimostrato per la prima volta quello che andremo a riassumere in queste righe è stato portato a termine in due esperimenti denominati MAP e MAP-
Affichè sia soddisfatta la condizione di sbarramento sud-
Ora, l’una, l’altra o entrambe queste forme di energia possono venire rilasciate nel momento in cui le correnti che fungono da vettore vanno ad impattare la catena alpina. Questo si traduce nella formazione di nubi e precipitazioni lungo il versante sopravvento, in questo caso quello sud-
Cosa è emerso dunque da questi recenti studi di meteorolgia alpina a tal proposito? Sostanzialmente la casistica si può raggruppare in due situazioni particolari, sinotticamente molto simili, ma alquanto diverse alla mesoscala; andiamo ora a studiarle una per una.
Lo “sbarramento” con aggiramento
La situazione si verifica allorquando le correnti legate all’approssimarsi di una saccatura atlantica provengono dai quadranti meridionali ma scorrono solo alle quote medio-
La spinta iniziale all’interno dello strato inversionale tende a provenire generalmente dall’alto Adriatico e scorre come vento di barriera lungo le prealpi fino a riempire il catino padano (la pressione atmosferica aumenta). Raggiunto il colmo, la massa d’aria tende a trafilare dai passi appenninici e finisce per ruzzolare giù sul mar Ligure dove può generare instabilità a causa del contrasto termogrometrico dovuto alla temperatura del mare più elevata e al notevole quantitativo di umidità presente in loco.
Questo modello di circolazione prevede dunque sul nostro comparto prealpino correnti nord-
Venendo a mancare il determinante contributo dei bassi strati, la costruzione nuvolosa risulta però di tipo disorganizzato e dalle fattezze poco consistenti. Questa nuvolosità produce scarse precipitazioni e in alcuni casi non ne produce affatto, pur sussistento a scala sinottica condizioni potenzialmente favorevoli a piogge anche pesanti.
Occorre considerare infine un altro fattore importante che tende a “dissuadere” eventuali precipitazioni: la nuvolosità di tipo instabile che si sviluppa sul mar Ligure, e che può causarvi anche temporali, tende a sottrarre ulteriore energia e umidità alla nuvolosità prealpina, la quale può presentarsi ancor meno organizzata e inframezzata addirittura da alcuni momenti soleggiati.
Ne deriva che solo a seguito di una accurata analisi a mesoscala si può giungere ad una diagnosi corretta, onde non incorrere in vistosi errori prognostici derivanti da una situazione sinottica potenzialmente di tipo addirittura alluvionale, ma a un riscontro finale a mesoscala lontano da ogni stato di allerta.
Lo “sbarramento” con scavalcamento
Ogniqualvolta una struttura depressionaria si avvicina dall’Atlantico (esattamente come nel caso precedente), si attiva alle diverse quote e davanti (est) l’asse della saccatura un flusso di correnti meridionali che porta a convergere contro il versante sud-
L’instabilità originaria non viene perduta, ma viene rilasciata nuovamente nell’atmosfera nel momento in cui il flusso impatta una catena montuosa, nel nostro caso le Alpi. Abbiamo dunque a che fare con due tipi di energia, quella prodotta dal calore sensibile (l’aria è calda fin dall’origine) e dal calore latente (l’aria è diventata umida durante il transito sul mare).
Senza entrare in particolari tecnici, rileviamo che in questo tipo di situazioni, sotto il richiamo del centro depressionario principale, si attiva un vigoroso spostamento della massa d’aria afro-
A questo punto entra in gioco anche la circolazione alle quote superiori, quella che rimane invariata rispetto al caso dello “sbarramento con aggiramento”, In questo caso però, come abbiamo visto, la corrente dei bassi livelli atmosferici non risulta intrappolata, anzi mostra tutti i crismi necessari per riuscire a valicare agevolmente la catena alpina: si ha dunque “sbarramento con scavalcamento”, tecnicamente noto come “flow over”. Il meccanismo pone in essere in questo modo un notevole tiraggio verticale, coricato lungo la direttrice sud-
Accertato tramite la nostra analisi a mescoscala del rischio diffuso di forti precipitazioni, non ci rimane che valutare la probabilità di eventuali degenerazioni di tipo alluvionale. Per questo occorre determinare a livello sinottico la velocità di propagazione dell’onda depressionaria e della lunga scia di perturbazioni che scorre davanti all’asse di saccatura. Il rischio è che questa banda nuvolosa si “incastri” sull’arco alpino (ondulazione frontale) rallentando la sua corsa e risultando quasi stazionaria. Qualora tale status risulti bloccato nella sua progressiove verso levante, una lunga serie di perturbazioni tenderà a sfilare da sud verso nord insistendo sempre sugli stessi settori, riattivando in continuazione il meccanismo piovoso descritto. Per la nostra zona è la tipica situazione che tante devastanti alluvioni ha causato.
Luca Angelini
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