Modelli meteo: sono antipatici oppure non sappiamo come usarli?

Un arbitro non può dirigere la partita della squadra del cuore.

Diciamo la verità, in veste di appassionati meteo, spesso consultiamo i prodotti numerici di previsione con l’intenzione di scovare quello che meglio si adatta ai nostri desideri meteo-climatici. Questo può andare se vogliamo solo sognare, ma se vogliamo trarre dati utili per formulare una previsione operativa, per casalinga che sia, occorre invece essere imparziali oppure lasciar fare ai professionisti fidandosi di loro.

Oltretutto, se c’è una cosa che tengo a far notare a tutti meteo appassionati – e che però è molto difficile da far digerire – è soprattutto quella diffusissima abitudine di controllare le uscite dei modelli numerici deterministici a grandi distanze temporali, 200-300 ore di anticipo e anche più. Ora, a seconda del tempo che si vorrebbe, i modelli diventano simpatici o antipatici, ma soprattutto ritrattano.

Ritrattano?

Facciamo un esempio: prendiamo una calcolatrice ed eseguiamo una semplice operazione matematica, 2+2. Il risultato è ovviamente 4. Ora se eseguiamo di nuovo il calcolo e lo facciamo diventare 2+2+2 il risultato diventa 6.

Ecco, il modello fisico-matematico procede proprio in questo modo: ad orari prestabiliti attinge i dati dello stato iniziale dell’atmosfera e ricalcola lo stato futuro applicando a questi le leggi della fisica. Ma i dati iniziali di ieri non sono quelli di oggi ne quelli di domani. Dunque, partendo da dati iniziali differenti, il risultato finale del calcolo sarà diverso. La nostra calcolatrice ha ritrattato? No, ha semplicemente ricalcolato e così fa anche il nostro sventurato modello.

Non ritratta ma ricalcola.

Da questo si può comprendere come, partendo da molto lontano – 10-15 giorni – la nostra simulazione dovrà continuamente procedere con il ricalcolo arrivando a soluzioni anche molto diverse da corsa a corsa. Ma allora a che serve star dietro a questi modelli se poi ad ogni nuova corsa otteniamo risultati differenti?

La risposta è chiara e perentoria: a nulla.

E infatti, come moltissime volte abbiamo già sottolineato su questo sito web, i prodotti numerici deterministici – i nostri modelli abituali per capirci – vanno interpretati su distanze temporali non superiori a 3-4 giorni. Dopo questa scadenza si passa ai modelli probabilistici, ossia a quei modelli che contengono non una sola previsione, quella deterministica appunto, ma molte previsioni parallele 20, 50 o più. Il calcolo parte da condizioni iniziali leggermente diverse, così da ridurre l’errore del ricalcolo di cui prima parlavamo. Se il giusto sta sempre nel mezzo, vorrà dire che lo scenario medio sarà quello più probabile e non è affatto detto che corrisponda all’unico deterministico che ci ostiniamo a controllare, anzi.

Dopo una settimana anche questa tecnica detta d’ensemble, risulterà però inappropriata e si procederà in altri modi mantenendoci sempre più larghi, sia come campo di analisi che come tempistiche, adoperando i risultati solo come linea di tendenza orientativa.

Ora, molti di voi continueranno ad attendere spasmodicamente ogni nuova corsa del solito modello deterministico, pronti a vedere improbabili congiure o a lanciarsi in entusiasmi collettivi, salvo poi precipitare nella solita cocente delusione. Fino ad ora forse potevate non saperlo, ma oggi lo avete imparato qui e pertanto siete preparati su questo importante passo della complessa filiera previsionale. Sempre che non vogliate ostinarvi solo a sognare…

Luca Angelini

 

Modelli meteo: sono antipatici oppure non sappiamo come usarli?