
Dal punto di vista fisico l’atmosfera è assimilabile ad un fluido e infatti segue le leggi proprie dei fluidi, i quali, come tutti sappiamo, sono animati da moti ondulatori. Ma allora anche l’aria ha le sue onde, proprio come quelle del mare? Risposta affermativa.
Tra i fenomeni ondulatori più evidenti, allorchè resi visibili dallo sviluppo di masse nuvolose, interessante è il caso dell’onda orografica. Trattasi di un fenomeno a mesoscala (scala locale o sub-regionale), dovuto all’attraversamento di una massa d’aria, principalmente mite e stabile (calda rispetto all’aria circostante) al di sopra di una asperità geografica (catena di montagne, isola ecc.).
In quelle condizioni nasce un’azione di disturbo prodotta dall’attrito, con il flusso che, in origine laminare (orizzontale), tende a superare la linea di cresta precipitando subito dopo per la forza di gravità, con un salto noto come “salto idraulico“. Ma se la nostra massa d’aria è stabile, tenderà a tornare al suo stato di equilibrio iniziale, rimbalzando nuovamente verso l’alto, per poi proseguire la sua corsa smorzando progressivamente le sue ondulazioni con salti successivi sempre più piccoli.
Ecco le nostre onde: se questo processo permette la condensazione dei pacchetti d’aria nel settore di ascesa dell’onda, potremo vedere nel cielo bande nuvolose medio-alte, principalmente altocumuli, altostrati, ma anche filamenti cirriformi ondulati. Sono le cosiddette nubi orografiche di sottovento (lee waves).
Spettacolare l’esempio di quest’oggi lunedì 11 febbraio (vedi figura, clic per aprirla) in Sardegna e sul bacino tirrenico, con il fenomeno attivato dai forti venti di Libeccio e Ponente.