La neve in montagna non è prerogativa dell’inverno, ma è perfettamente normale anche in primavera (e in autunno si intende). Questo come premessa per rettificare fin d’ora quanto sui media si dirà sulle nevicate attese sui nostri monti nelle prossime ore; cose del tipo: “ritorno dell’inverno”, “colpo di coda invernale”, “discesa del Polo” e via dicendo.
La neve di primavera, che solitamente vede la sua utilità nel consolidare e prolungare nel tempo le riserve di acqua solida sulle nostre montagne prima che arrivi l’estate, è una precipitazione indispensabile per mantenere in buona salute fiume, laghi e falde idriche.
Ben venga allora questa sbiancata, questo nuovo trucco, una manna anche per i ghiacciai che, dopo il lungo periodo di vento occorso di recente, mostrano evidenti segnali di ghiaccio scoperto.

Dunque veniamo a noi: la figura qui sopra ci mostra schematicamente lo spessore del manto nevoso sull’arco alpino così come si dovrebbe presentare tra circa 72 ore, ossia fino alla notte su venerdì 5 marzo. La quota media di riferimento è quella di 1.400–1.500 metri, tuttavia, in corrispondenza del saliscendi delle temperature, il limite delle nevicate su Alpi e Prealpi potrà variare da una quota massima di 1.600-1.700 metri un livello minimo di 1.000 metri, ma con episodi localmente possibili anche più in basso (700-800 metri) lungo i settori alpini più occidentali e settentrionali per il transito di una goccia fredda in quota.
Attesi accumuli totali anche superiori al metro da quota 3 mila in su, in particolare sui massicci della Valle d’Aosta, val Formazza, Vallese svizzero, Alpi Retiche, Gruppi Adamello, Presanella e Dolomiti. Questi spessori, unitamente ad un evidente “saliscendi” di temperature , zero termico e cambi di precipitazione, potranno elevare il pericolo di caduta valanghe, evenienza che valuteremo in un prossimo approfondimento dedicato.
Da notare che la risoluzione approssimata di questa carta non consente di calcolare correttamente gli apporti attesi anche lungo l’Appennino, che pertanto non sono stati indicati.
Anche le cime appenniniche tuttavia potranno beneficiare di discreti apporti nevosi, ma mediamente a partire da 1.800-2.000 metri, in calo fin verso i 1.200 metri a fine evento (giovedì 4). I settori favoriti saranno quelli relativi al tratto appenninico Tosco-emiliano e al settore centrale laziale-abruzzese-molisano.
Luca Angelini
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