
Gli oceani sono pieni di plastica, lo sappiamo tuttavia, rispetto ai quantitativi abbandonati, manca all’appello una piccola percentuale che, a prima vista, sembrerebbe sparita nel nulla. In realtà, un recente studio pubblicato su Marine Pollution Bulletin dall’Istituto reale per la ricerca marina (Nioz) dei Paesi Bassi, ha dimostrato che esistono infatti alcuni microrganismi in grado di digerire la plastica con cui entrano in contatto convertendone almeno l’1% in anidride carbonica, grazie anche all’aiuto dai raggi ultravioletti che ne facilitano la degradazione.
In particolare, i ricercatori hanno coltivato il batterio Rhodococcus Ruber, nutrendolo con una plastica appositamente marcata con un isotopo del carbonio (C13) in modo da poterne tracciare l’eventuale trasformazione in altre molecole. Il materiale era stato precedentemente trattato con raggi UV per simulare l’azione del Sole.
“Sappiamo infatti che la luce solare rompe parte della plastica in piccoli pezzi che sono poi digeribili ai batteri”, spiegano i ricercatori. Come risultato, si è osservata una riduzione della plastica e la comparsa sulla superficie dell’acqua di anidride carbonica marcata con C13, segno inequivocabile di questo riciclo naturale.
I primi esperimenti pilota realizzati usando vera acqua marina e i sedimenti prelevati dal fondale del mare dei Wadden (che si trova tra Danimarca, Germania e Paesi Bassi) dimostrano che “la plastica viene degradata anche in natura”. Questo processo però, estremamente lento (pare anche superfluo sottolinearlo) non può essere preso come panacea al grande problema dell’inquinamento dei nostri mari.
Fonte studio: NIOZ
Report Luca Angelini