Prevedere i nubifragi: a Reading ci provano

Un tema quanto mai attuale quanto mai scottante e purtroppo ancora così lontano da trovare una soluzione analitica. Eppure all’università di Reading ci stanno provando e con risultati soddisfacenti. La previsione di eventi alluvionali estremi potrebbe essere migliorata tenendo conto di una variabile meteorologica attualmente non inclusa nei modelli, il cosiddetto trasporto orizzontale di vapore.

vapore1E’ questa la conclusione di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasts (ECMWF), a Reading, in Gran Bretagna, e pubblicato su Nature Communications, che dimostrano come gli avvisi di elevato rischio di alluvione potrebbero essere anticipati anche di tre giorni, almeno in alcune regioni d’Europa.

Le previsioni a medio termine, ossia quelle su un arco di tempo compreso fra i 3 e i 14 giorni, sono tutte di carattere probabilistico e risentono fortemente di possibili errori nella stima dello stato iniziale dell’atmosfera, dato che quello meteorologico è un sistema caotico, ossia a variazioni anche molto piccole nelle condizioni iniziali possono corrispondere esiti estremamente diversi.

Attualmente le variabili prese in considerazione nei modelli previsionali sono: temperatura; umidità; pressione; intensità e durata della radiazione solare, precipitazioni, nuvolosità e velocità e direzione del vento. Tuttavia, fra i meteorologi si è fatta strada l’ipotesi che sui livelli di precipitazione influisca in maniera significativa anche un’altra variabile, il trasporto orizzontale di vapore, ossia di ampie masse di aria umida che viaggiano attraverso l’atmosfera formando una sorta di fiumi atmosferici giganti.

vapore2Questi “fiumi”, tipicamente dell’ordine di 400-500 chilometri di larghezza e 2000 di lunghezza, sono associati ad aree cicloniche, o di depressione, che si snodano attraverso il Nord Atlantico fino a raggiungere l’Europa, dove parte del del vapore acqueo cade a terra sotto forma di pioggia.

Per verificare l’ipotesi, i ricercatori David Lavers e colleghi hanno ricalcolato, con l’aggiunta di questa variabile, le previsioni relative all’intensità delle precipitazioni nell’inverno 2013-2014 eseguite dallo ECMWF con l’Ensemble Prediction System, che valuta lo scenario più probabile sulla base di 51 differenti simulazioni. Dal confronto con i dati effettivi relativi a quel periodo i ricercatori hanno mostrato che in questo modo è possibile, almeno per alcune regioni geografiche, estendere fino a un massimo di tre giorni l’orizzonte delle previsioni dell’intensità delle precipitazioni.

Prima di inserire stabilmente questa variabile nei modelli numerici, avvertono i ricercatori, sarà comunque necessario condurre ulteriori approfondite ricerche che confermino il risultato ottenuto.

Fonte Le Scienze, adattamento Luca Angelini

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