Quando la primavera sa mostrare anche aspetti tipicamente invernali

Anche una anomalia può rientrare nella normale variabilità climatica delle nostre latitudini. Sembra un controsenso ma non lo è. La primavera ad esempio è una stagione di transizione,  caratterizzata dallo smaltimento dei contrasti tra il gran freddo prodotto dall’inverno e che ancora domina alle alte latitudini, e i primi tepori che risalgono dalle regioni subtropicali, dove il sole ha già iniziato da tempo a fare la sua bella figura alto nel cielo. La primavera dunque non è stagione dalla quale ci si possa aspettare la stabilità atmosferica, né una particolare affidabilità climatica, bensì quella classica dinamicità che porta ad alternarsi a ritmi di samba il sole e la pioggia, il vento e le nuvole.

Perfino la neve è un elemento essenziale della primavera italiana, magari non in pianura o lungo le coste, anche se qualche volta non è mancata di fare la sua volatile comparsa, ma soprattutto sulle nostre montagne e magari, sotto forma di spruzzata, anche in collina. E’ proprio durante la primavera, quando in montagna le temperature in quota sono prossime allo zero, che avvengono le nevicate più abbondanti e spettacolari. La neve che cade in montagna durante la primavera va a consolidare quella invernale (se c’è…), costituisce inoltre un valido apporto di acqua alle falde nel corso della calda stagione estiva rifinendo l’opera di mantenimento del substrato caduto (si spera) durante il semestre invernale.

Le ondate di freddo, i cosiddetti colpi di coda dell’inverno, possono presentarsi anche nei mesi di marzo e aprile e solitamente durano pochi giorni senza causare danni.

Luca Angelini