Lo dimostra uno studio condotto dall’Eth University di Zurigo. Tra il 2040 e il 2050 tutti i ghiacciai alpini posti a quote pari e inferiori a 3.500-3.600 metri saranno scomparsi; al loro posto rimarranno morene e dirupi di materiale terroso instabile. Questa descrizione, apparentemente sinistra ma già reale e tangibile negli apparati glaciali meno elevati, è il risultato del vistoso cambiamento che è già in atto sulle nostre montagne e che ovviamente, è dovuto al veloce riscaldamento climatico in corso.
Non un normale ciclo naturale, ma qualcosa di più, come abbiamo spiegato in questo editoriale dedicato, e che sta letteralmente cambiando faccia e aspetto al nostro patrimonio alpino. Un doppio segnale di riscaldamento dovuto, sia all’uscita dalla fase climatica fredda culminata nel 1850 e nota come Piccola Era Glaciale (componente naturale del cambiamento), sia all’evidente contributo antropico (componente umana del riscaldamento) che a quanto pare è quella che determina proprio la rapidità del cambiamento e quindi tutti i problemi annessi.

Si, perchè il problema, teniamo a ribadirlo, non è il riscaldamento in sè stesso, ma è la rapidità con la quale si sta attuando. Tra questi problemi, oltre allo sgretolamento del permafrost, ovvero delle rocce d’alta quota tenute insieme dal collante glaciale interno, vi è anche la velocità di discesa a valle dello zoccolo glaciale più profondo che, grazie ad un recente carotaggio, è stato scoperto risalire nelle Alpi a 7 mila anni fa. Ebbene, la fusione del ghiaccio fa percolare l’acqua all’interno della massa gelata; l’acqua svolge un’azione lubrificante sul substrato roccioso di appoggio e fa accelerare il movimento.
A causa di questo doppio segnale di riscaldamento climatico, negli ultimi 100 anni i ghiacciai delle Alpi si sono dimezzati. Del volume di ghiaccio perso – come sottolinea il glaciologo Renato Colucci, del Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR – il 70 per cento si è avuto negli ultimi 30 anni, esattamente in fase con l’aumento esponenziale delle temperature medie avutosi nel medesimo periodo.
E, proprio secondo le risultanze dello studio citato “Se prendiamo la media delle temperature degli ultimi 15 anni, questa già adesso non è compatibile con l’esistenza dei ghiacciai sotto i 3.500 metri“. Quindi non una previsione, ma già una (triste) realtà e chi frequenta la montagna, a meno che non voglia vedere, lo sa.
Luca Angelini