Una primavera particolarmente secca, quale quella che si è rivelata nel 2017 (notevole deficit pluviometrico pari a -39%, fra le primavere più secche degli ultimi 60 anni) e le ondate di caldo che stiamo subendo. È interessante spiegare brevemente il meccanismo che lega una primavera secca all’intensità delle ondate di calore.
PRIMO PUNTO – I suoli umidi si riscaldano in modo minore rispetto a quelli secchi, perché una parte dell’energia in arrivo dal sole viene utilizzata per l’evaporazione dell’acqua presente nel terreno (questa parte di energia viene comunemente chiamata calore latente di evaporazione; ‘latente’ perché non è rivelato da nessuna variazione di temperatura)
SECONDO PUNTO – I suoli aridi riescono, invece, ad utilizzare gran parte della radiazione solare per riscaldarsi. Ne consegue che anche l’aria sovrastante tenderà a riscaldarsi in modo maggiore (se l’umidità del suolo è limitata, come accade nelle situazioni con piogge scarse, tutta o quasi l’energia derivante dalla radiazione solare al suolo è utilizzata come calore sensibile e ciò aumenta la temperatura dell’aria)
TERZO PUNTO – In genere l’umidità del suolo varia lentamente, quindi potete pensare ad un serbatoio: l’accumulo stagionale di acqua nel suolo ha un “effetto memoria” per settimane e persino mesi. La presenza (o l’assenza) di precipitazioni e quindi di umidità al suolo è in grado di influenzare le stagioni successive.
L’umidità del suolo è quindi una componente importante del clima.
Seguendo l’andamento del cambiamento climatico cresce l’inquietudine pensando agli scenari del prossimo futuro. Quali saranno gli effetti sulle nostre estati? Provate a pensare all’effetto combinato tra aumento delle temperature sulle nostre aree e la riduzione dell’umidità del suolo come effetto di una riduzione delle precipitazioni.
Serena Giacomin