Temporali stazionari: ecco perché sono così pericolosi

C’è una regoletta empirica grazie alla quale possiamo dire che, mediamente, un temporale può durare circa un’ora. Ci sono però temporali che sembrano non esaurirsi mai, continuare per ore e ore e produrre sempre nuovi acquazzoni, con un ritmo quasi “pulsante” e creando a volte anche drammatiche alluvioni lampo. Sono i temporali stazionari. Come può un temporale stazionare su una certa località per tante ore di fila?

Ci sono due casi: il primo è legato alla presenza di una cosiddetta multicella autorigenerante (tecnicamente con rigenerazione sopravvento). Questo tipo di temporale si innesca quando in quota soffiano forti venti ad alta quota. Se la direzione di questi venti in quota è opposta alla ventilazione nei bassi strati, vuoi per ricaduta di aria fresca dalle vallate montane, vuoi per un asse fortuito generatosi anche su zone di pianura o di mare, ecco che la nostra cella temporalesca può contare sopravvento alla nascita di nuove celle (temporale tipo “pulse storm“) che poi vengono “stirate” nella direzione del vento in quota e portare abbondanti piogge lungo la parte sottovento. Il processo termina quando viene meno una delle cause che lo sostiene, ad esempio, quando cambia l’asse dei due venti (non più contrapposti), o quando l’area di pescaggio iniziale non ha più sufficiente ricarico caldo-umido né energia per l’ulteriore sostentamento del temporale.

Il secondo caso avviene quando invece in quota e al suolo la ventilazione è pressochè assente. Se la colonna d’aria è instabile e nei bassi strati si torva molta umidità, possono innescarsi celle temporalesche. Inizialmente queste celle sono singole, ma ben presto si uniscono a formare un sistema convettivo quasi stazionario. Le celle vecchie infatti fanno ricadere aria fredda verso il basso provocando il sollevamento dell’aria calda e umida presente nei dintorni e quindi lo sviluppo di nuove celle nelle aree immediatamente circostanti. Il processo termina quando termina l’energia a disposizione, ovvero quando tutta l’aria calda è stata sollevata, e l’umidità utilizzata per le precipitazioni.

Luca Angelini