Chi conosce, almeno nelle sua basi, il fenomeno dell’albedo, non rimarrà di certo sorpreso di questo dato.
Oggi però il processo che avviene quando una depressione nord-africana porta polveri in sospensione nell’atmosfera è stato preso in esame da uno studio nostrano, condotto dai ricercatori del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della terra dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Arpa Valle d’Aosta, INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), ricercatori francesi (Univ. Grenoble Alpes, Météo-France e CNRS) e Max Planck Institute, in Germania.
Grazie all’utilizzo di un particolare modello numerico che ha permesso di simulare la dinamica nivale includendo ed escludendo l’effetto delle polveri, i ricercatori hanno potuto stimare l’effetto delle deposizioni di sabbia sahariana sulla neve nella catena Alpina.
Analizzando i dati riferiti ad una località sita in Valle d’Aosta a 2.160 metri di quota, i ricercatori hanno appurato che in anni caratterizzati da intense deposizioni sahariane, come nella stagione del 2015/16, le polveri hanno causato un anticipo della scomparsa della neve di circa un mese, pari a un quinto della stagione nivale.
Ogni anno il deserto del Sahara immette nella circolazione atmosferica circa 700 milioni di tonnellate di polveri, le quali vengono trasportate dai venti e raggiungono anche le medie e alte latitudini. Il raggio di azione delle polveri sahariane ad esempio va dal Brasile alle Isole Svalbard (Artico). Quando queste polveri si depositano su aree coperte da neve o ghiaccio ne diminuiscono l’albedo, ovvero la capacità di un oggetto di riflettere la luce. Come tutti gli oggetti scuri, che assorbono più radiazioni e si scaldano più velocemente, allo stesso modo, la neve resa “rossa” dalle deposizioni di polveri assorbe più luce e fonde più velocemente.
Report Luca Angelini
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