Correva l’Anno di Grazia 1976. Anni di piombo. Lotta armata e terrorismo. Dopo un’amara retrocessione dai cadetti, il Parma di Meregalli annaspa nelle limacciose acque della terza serie. Bertoni, Benedetto, Torresani…La neonata Radio Parma diffonde via etere le malinconiche note di “Ancora tu” di Lucio Battisti e lo struggente ritmo reggae di Bob Marley and The Wailers in “No woman no cry”. Anni difficili. Di amare disillusioni, di sogni infranti. Di acuta tensione sociale. Senza Internet.
Esistevano soltanto le voci pacate e rassicuranti dei Generali Bernacca e Baroni su Rai Uno. Il tempo? Bastava guardare fuori dalla finestra! Ore 7.20 di un mattino di inizio marzo. “Su, alzati, è ora! Nevica!”. Affetto da congenita “poltronite letargica”, esco dal voluttuoso abbraccio di Morfeo per stirarmi pigramente tra le tiepide coltri. D’improvviso, un lampo. Realizzo il significato delle parole di mia madre.
Nevica? Una scossa elettrica. Una scintilla di vitalità. Balzo giù dal letto. Tiro su l’avvolgibile, spalanco la finestra. Una meraviglia! Un paesaggio incantato. Candidi fiocchi a volteggiare nel cielo di madreperla. Colore del latte. Danza silente di iperborei folletti di ghiaccio. Sono loro. Proprio loro. Le creature del gelo! Parto di immacolata purezza. Ne sono rapito. Estasiato. Ammaliato dal vorticoso sfarfallio. Una magia senza confini e senza tempo.
Nevica di stravento, nevica a larghe falde. La temperatura, di poco superiore allo zero, regala enormi fiocchi che si adagiano lentamente al suolo. In una città che ancora non conosce lo squallido oltraggio del “Piano neve”, ammanta di bianco tutto il creato. Vado a scuola più felice… Al calare delle prime ombre della sera, mi consumo gli occhi sul vecchio lampione sotto casa. Per giorni e giorni rimango ad ammirare affascinato il fiabesco spettacolo della Natura. Non mi stanco mai di guardare. Studio poco, saziandomi del bianco turbinio.
Fiocchi che parlano al cuore. Sussurrano all’anima. In quei giorni lontani, è una gioia sgattaiolare fuori dalle coperte, di primo mattino, per rimirare l’accumulo della nevicata durante la notte. Svelo una nuova dimensione di me stesso… Dopo un Inverno piuttosto avaro di emozioni, Marzo regalerà ben sei giorni di neve, l’ultimo alla metà del mese. Quarantadue centimetri in pieno centro a Parma. La nevicata del marzo 1976. Una nevicata ingiustamente scivolata nell’oblio. Altri tempi! In quei giorni lontani, le goffe infatuazioni adolescenziali per compagne acerbe e brufolose cedono il posto ad un nuovo, fulgido amore. L’amore per Lei. Per la Dama. Me ne innamorai perdutamente in un lontano mattino di marzo. E, da allora, non smisi mai di amarla…
Claudio Bargelli
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