Quanti di noi, appassionati dei fenomeni atmosferici, hanno notato che questa regoletta empirica funziona molto bene per qualsiasi zona del nostro Paese. Lo è ancor di più nel semestre estivo, quando si raggiunge il picco massimo dei temporali.
Se non accompagnati dalle classiche perturbazioni, le strutture temporalesche che si sviluppano sul nostro territorio trovano terreno fertile di crescita e sviluppo sulle nostre montagne, perchè? Semplicissimo; dobbiamo solo considerare che il temporale è una macchina termica che segue un determinato ciclo.
Come ogni macchina termica, pensiamo ad esempio al motore delle nostre auto, necessita di una fonte di energia per funzionare. L’energia deriva dal sole, che riscalda il suolo, il suolo a sua volta scalda l’aria la quale si stacca da terra sotto forma di bolla. Queste bolle, dette termiche, sono l’embrione dell’eventuale futuro temporale.
Ora, per passare da semplice termica a nube temporalesca occorre che la nostra bolla rimanga sempre più calda dell’aria circostante e sia in questo modo costretta a salire sempre più in alto. Il processo necessita di una notevole quantità di energia aggiuntiva, che può derivare da altre fonti di calore, come quelle rilasciate all’interno delle nubi stesse da processi come condensazione e ghiacciamento, note come calori latenti. In caso di aria fresca alle quote superiori, situazione tutt’altro che infrequente in estate, la nostra bolla d’aria calda diventa ancor più calda rispetto all’aria circostante e può contare sull’apporto di un ulteriore pacchetto di energia, detta energia di galleggiamento. Va da sè che se la nostra termica nella sua salita ha la possibilità di risparmiare energia salirà con maggior disinvoltura e potrà svilupparsi fino a degenerare in una nube temporalesca.
Ma come può avvenire questo risparmio di energia? Ecco subentrare i pendii delle nostre montagne. Le bolle di aria calda si muovono in seno ai venti portanti e possono incontrare alti pendii montuosi che le accompagnano verso l’alto o addirittura le costringono a salire forzatamente. Questa salita condotta porta la nostra bolla/nube più in alto con meno dispendio energetico, agevolando la formazione della nostra nube temporalesca.
I processi di sollevamento della termica iniziale si interrompono quando l’aria contenuta nella bolla raggiunge la temperatura esterna. Sulle zone di pianura o sul mare spesso l’energia cinetica non è sufficiente ad innescare lo sviluppo del temporale, così la bolla si raffredda prima di raggiungere il livello di galleggiamento (il livello dove l’aria è più fresca) e torna verso il basso dissolvendo il piccolo cumulo. In montagna invece i pendii accompagnano la nostra nube più in alto e più in fretta permettendole di raggiungere il punto critico oltre il quale la convezione (salita) prosegue spontanea fino ad innescare il nostro temporale.
Morale: scoppia il temporale in montagna, mentre continua a splendere il sole su pianura e coste. Facile no?
Luca Angelini
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