
Un’osservazione che scaturisce dal fatto che, nonostante non ci si trovi più in balia della famigerata figura anticiclonica nord-africana, il livello dello zero termico nella libera atmosfera si trova ancora ad un limite fisso veramente elevato su tutti i cieli italiani, posto tra 4.000 metri al centro-nord e 4.300 metri al sud e sulle Isole.
L’osservazione assume ancor più significato se consideriamo che in questi giorni di relativa instabilità atmosferica, le precipitazioni temporalesche si manifestano a carattere piovoso sulle cime alpine a quote molto elevate, comunque superiori a 3.500-3.600 metri, toccando a volte anche i 3.800 metri, per passare a misto con grandine o neve tonda a 4.000 metri.
La persistenza di questa situazione, con pioggia a quote elevate e quindi anche sulle superfici dei ghiacciai, ormai rimasti spogli della copertura nevosa della scorsa stagione invernale/primaverile, accelera la fusione del ghiaccio vecchio, favorendo l’arretramento delle fronti, dilavando alo stesso tempo le superfici rocciose emerse con scariche di detriti anche pericolose.
Per un calo fisiologico dello zero termico al di sotto di tali livelli dovremo attendere l’inizio della prossima settimana, quando lo sbalzo che ci farà rientrare in media sarà decisamente brusco e porterà il limite dello zero termico a precipitare di quasi 2 mila metri nel giro di 48 ore tra lunedì 2 e martedì 3 settembre.
Luca Angelini
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